Scritti comparativi e saggio grafico - saggio con la tecnica della penna senza inchiostro* di Antonio D'Arienzo
(*) Tratto da “Sulle tracce del killer – Appunti di criminalistica”, F.lli Palombi Ed., Roma, 1999, e da “Pregi e limiti dell’Indagine Grafodocumentale”, I.C.P., Roma, 2009.
Nell’indagine di analisi e di comparazione della grafia assume particolare rilevanza la scelta degli scritti comparativi, tenuto conto della molteplicità di elementi sfavorevoli per un confronto che possono intervenire se le scritture stesse non fossero idonee per tale scopo.
L’indagine grafica non risponde a leggi matematiche, per questo occorre essere abbastanza scrupolosi nella selezione delle scritture, al fine di scongiurare possibili errori di valutazione.
Premesso che occorre avere la certezza extratecnica della loro autenticità, esse devono rispondere al quadruplice requisito di “qualità” (essere coerenti e omografe a quella in verifica), “quantità” (numerose, al fine di filtrare tra i caratteri generali e particolari quelli costanti), “contemporaneità” (devono risultare il più possibile coeve a quella in verifica, questo perché con il tempo gli scritti possono variare per numerosi motivi, soprattutto nello stile e nella leggibilità, per cause occasionali, traumi, decadimento grafico, ecc.) e “non artificiosità, né reale né presumibile” (gli scritti comparativi, quindi, oltre a non presentare elementi tipici e palesi di artificiosità esecutiva, se anche fossero senza tali indicatori, devono essere stati redatti in “epoca non sospetta” e in un contesto nel quale il loro autore, sia egli indagato o imputato o denunciante o parte in una vertenza civile, non abbia avuto motivo o interesse ad alterare la propria grafia abituale).
Ove non fossero coeve, occorre accertare che tra la redazione delle più vecchie e di quelle più recenti non siano subentrate patologie particolarmente invalidanti per chi scrive, dai disturbi neurologici a quelli visivi fino alle fratture a carico dell’arto destinato alla scrittura.
Disponendo di scritti comparativi che rispondano ai suddetti requisiti, è preferibile non avvalersi del saggio grafico che, oltre a esser redatto in “epoca sospetta”, potrebbe essere acquisito dopo troppo tempo dalla data degli scritti da verificare per poter escludere che nel frattempo nessun elemento modificatore abbia determinato la formazione di segni di interesse grafologico, nella grafia del soggetto, inesistenti o diversi all’epoca dei fatti. Il saggio grafico, peraltro, riguarda i viventi, e siccome spesso l’oggetto dell’indagine di analisi e comparazione della grafia è rappresentato da un testamento, è evidente che in tal caso si deve comunque ricorrere ad altre scritture, purché vi sia la certezza della loro genuinità.
Quando il saggio grafico è l’ultima risorsa a cui ricorrere (ad esempio, se una persona fosse sospettata di aver apposto firme non omografe alla sua e non si disponga di suoi idonei scritti comparativi), per evitare l’alterazione della grafia da parte del periziando (a volte inconsciamente, per apprensione o per sfiducia nel tipo di indagine), mi avvalgo di una tecnica che consiste nel far compilare all’interessato un modulo in cui si richiedono le generalità, l’attività, eccetera (senza acquisire informazioni personali che non fossero già esistenti nel fascicolo degli atti), da redigere sia con caratteri del tipo stampatello maiuscolo, sia in corsivo minuscolo, e di apporre la firma pure con la mano non usuale (la sinistra per il destrimano, la destra per il mancino).
I moduli da compilare sono due: uno viene redatto con una penna a sfera (o altro mezzo) senza inchiostro così che, ove il periziando volesse alterare la propria grafia abituale, si troverebbe nell’impossibilità di controllare il testo che redige. In questo modo il dissimulatore è obbligato a rinunciare al proposito di alterare la grafia, ma, ove l’alterasse, verrebbe smascherato dal confronto del primo modulo del saggio con gli scritti eseguiti successivamente usando la penna con l’inchiostro.
La scrittura eseguita con la penna senza inchiostro è visibile in un secondo foglio, unito al primo, ma con interposto un foglio di carta carbone (preferibile ai fogli autoricalcanti).
Sviluppai e applicai questa tecnica nel '76, praticamente quando iniziai ad occuparmi di perizie grafiche, avvalendomi di essa soprattutto nell'ambito penale. Fu riportata nell'articolo a mia firma "Analisi e comparazione della grafia”, pubblicato sul numero 7/8 di luglio/agosto 1994 della rivista Detective & Crime Magazine.
Il secondo modulo viene compilato con una normale penna a sfera. Se l’interessato mostrasse obiettive difficoltà a redigere il modulo, il testo può essergli dettato, purché sempre nella duplice modalità: prima con la penna senza inchiostro, poi con una penna carica.
Se l’oggetto della perizia dovesse riguardare scritti eseguiti con una matita, con un pennarello o con un altro mezzo scrittorio manuale, il saggio va redatto pure con lo strumento scrittorio più appropriato, mentre i moduli devono essere compilati ugualmente con la penna a sfera.
Le sperimentazioni con la tavoletta grafica (collegata ad un computer) hanno invece fornito risultati poco soddisfacenti per le eccessive difficoltà riscontrate nei soggetti sottoposti al test di scrittura, abituati a scrivere sulla carta e non su un supporto rigido e con una penna non a sfera, con una evidente diversità di scorrimento; i risultati sono invece buoni per l'apposizione di sigle e firme, tuttavia solo in soggetti dotati di un livello grafico evoluto.
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