Le apparenze ingannano e… l’ominide di tre milioni di anni fa.
… omissis …
Le apparenze possono ingannare dal riconoscimento somatico all’identificazione
dattiloscopica e microcomparativa tra reperti balistici.
A questo proposito racconto un fatto che assolutamente non si riferisce a
questioni giudiziarie, ma ad un sassolino, quello qui riprodotto, ripreso con
diverse fonti di illuminazione: chi non riconoscerebbe le orbite oculari, le
protuberanze frontali, le fosse nasali, la mascella, l’arcata dentaria superiore
di un minuscolo teschio?
Pensai
che potesse trattarsi di un fossile vecchio di qualche milione di anni, un
minuscolo teschio intrappolato nella roccia. Quel ciottolo dalla parte opposta
era completamente liscio, levigatosi nel tempo, chissà, forse nel letto di un
fiume.
«Caspita, che scoperta!» pensai non appena rinvenni quel “rarissimo” reperto, e
mi convinsi che poteva trattarsi di un ominide vissuto almeno tre milioni di
anni fa. Subito dopo, però, smorzai l’entusiasmo pensando che potesse invece
trattarsi di uno scherzo della natura, una specie di “cammeo” naturale, insomma.
Stava poggiato sul tavolo del mio studio e nel corso di una riunione lo mostrai
ad esperti biologi e medici legali, che mi dissero che certamente avevo scoperto
qualcosa di abbastanza raro, perché pure loro vi riconobbero un teschio.
A quel punto, più per curiosità che per altro, mi recai da uno dei più
autorevoli esperti di paleoantropologia della Capitale che, dopo aver dato uno
sguardo al “prezioso” reperto, senza neanche ricorrere ad una lente di
ingrandimento, scrollò il capo ed escluse che si trattasse di un fossile.
Non rimasi deluso perché quel sassolino era comunque un’interessante curiosità
della natura: una concrezione che sbattendo un po’ qua un po’ là, in chissà
quante migliaia di anni, aveva assunto quella conformazione così
straordinariamente simile al teschio di qualche nostro lontanissimo antenato.
Oppure, potrebbe anche essere che quel ciottolo fosse stato così scolpito da un
artista preistorico.
Ora non si trova nella bacheca di un museo, ma lo custodisco gelosamente perché
sono troppo affezionato a quella pietruzza per rischiare di perderla, se non
altro per tutto quel tempo che gli ho dedicato, fotografandola in mille modi,
tutto questo nel tentativo di negare a me stesso ciò che in realtà fosse: un
sassolino e niente più.
… omissis …